La comunicazione condizionante: gli artisti e il voto del 25 settembre

La comunicazione condizionante: gli artisti e il voto del 25 settembre

Archiviata la tornata elettorale del 25 settembre 2022 mi piace soffermarmi su di un aspetto che riguarda il tema della comunicazione, non strettamente politica, per fornire un quadro più ampio sull’argomento e che permetta una visione olistica dello scenario che si dipana di fronte ai nostri occhi.

Rispetto alle analisi politiche e sociologiche che giornalisti specializzati e mass-media affrontano nel post voto, è interessante focalizzarsi sul ruolo dei personaggi dello spettacolo, e nello specifico dei cantanti, e provare ad analizzarlo.

Infatti da qualche anno a questa parte si nota, in modo marcato e a livello internazionale, un certo attivismo da parte di un numero rilevante di artisti di fama, tanto che, soprattutto in epoca social, non porgere attenzione al fenomeno sarebbe da un lato ingenuo e dall’altro sottostimante di quanto queste attività possano influire sul pubblico di riferimento, in questo caso gli elettori.

Al di là di posizioni squisitamente politiche o ideologiche, spesso questo ruolo di contraltare rispetto ad un andamento democratico del voto è stato incarnato da personaggi che sposano idee culturalmente identificate come di sinistra.

Elodie, i Maneskin, Francesca Michielin, Renato Zero, solo per citarne alcuni in ordine di espressione, hanno reputato utile esternare il proprio pensiero riguardo l’esito del voto.

Il tema è interessante tanto che, recentemente, ho approfondito con Marcello Piras, noto musicologo, il ruolo dei personaggi dello spettacolo partendo addirittura dal Medio Evo, nel ruolo dei musicisti di corte.

Quando si dice che la musica è un affare di Stato ci si perde nella notte dei tempi perché è anche attraverso la musica che una qualsiasi forma di potere proclama un suo sistema di valori.

Altresì il ruolo del musicista-informatore appare fantasioso solo per chi non conosce a fondo gli intrighi storici e politici che hanno segnato il nostro passato e continuano a marcare il presente.

Da questa riflessione nascono dei dubbi: i cantanti e i personaggi dello spettacolo che esternano il proprio pensiero politico lo fanno in modo spontaneo? Oppure per strategia personale che mira ad un tornaconto? O, ancora, perché imbeccati direttamente da forze politiche?  

La risposta non la può conoscere nessuno, se non il diretto interessato, ma certamente, pur non conoscendo i fatti ma osservando l’ombra che gli stessi proiettano nello scenario, si può intuire che il metodo di comunicazione mira ad un obiettivo ben preciso. 

Per quando sia assolutamente legittimo esternare un pensiero è quindi lo stile di comunicazione che mi lascia perplesso. 

Prendiamo Damiano David, leader dei Maneskin, che negli ultimi mesi si era già reso protagonista con il famoso “Fuck Putin”. Seppur condivisibile l’attacco alla guerra come concetto generale, in realtà introdursi in questioni di tale portata senza la necessaria competenza storico-politica rende il messaggio piuttosto stereotipato e con il rischio di avere l’effetto boomerang rispetto ad una parte ricevente della comunicazione.

Lo stesso ha quindi sostenuto, dopo la conferma della vittoria di Giorgia Meloni leader di FDI, che quella di lunedì fosse una giornata triste per l’Italia intera. 

Questo assumere una posizione assoluta e di verità posseduta, che quantomeno per la maggior parte degli italiani votanti attivi non corrisponde al medesimo pensiero del vocalist, lascia il sospetto che di spontaneità ve ne sia poca. Avrebbe potuto dire che per una parte del paese era una giornata triste, nulla da eccepire.

Dello stesso tenore è il grido di resistenza assoluta della Michielin che, non a caso, in questi mesi è la conduttrice di un fortunato programma musicale, X Factor, che si rivolge ad un pubblico giovane con tanto di cassa di risonanza social alimentata da influencer che, a loro volta, prendono posizione.

Dubbi ne rimangono.

D’altronde cantanti e musicisti hanno un seguito ampio di pubblico ben definito e allora, sorge la domanda, perché ciò che funziona nel marketing, ossia posizionamento, segmentazione di mercato e target, non dovrebbe funzionare tra artisti e politica con chiaro intento di condizionamento?

Ai posteri l’ardua sentenza.

VZ

 

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