Durante il mio percorso imprenditoriale, e di studio della relazione di clientela, mi sono imbattuto più volte in un libro che ritengo fondamentale per arricchire il nostro bagaglio culturale e tecnico: Intelligenza emotiva di Daniel Goleman (Ed. BUR Rizzoli - 1995).
Lo psicologo statunitense ci dice che l’intelligenza emotiva si basa su tre grandi pilastri: l’autoconsapevolezza delle emozioni, l’autocontrollo delle stesse e l’ascolto empatico.
Saper gestire queste variabili psicologiche è molto importante quando, nello specifico, sorge un problema con un cliente. Infatti l’obiettivo resta sempre quello di trovare una soluzione soprattutto per mantenere il rapporto di fiducia, vera base per la fidelizzazione. E questo non perché, come sostiene un vecchio adagio, il cliente ha sempre ragione. Ma piuttosto perché un’attività, per essere sostenibile nel tempo, si deve basare sui clienti fidelizzati e sul rapporto di fiducia che li lega.
La chiave quindi è non farsi prendere dal panico e mantenere sempre la calma.Questo atteggiamento ci porta anche a mantenere la lucidità mentale a livello fisico e, come il marketing di prospettiva ci insegna, dobbiamo provare a metterci negli occhi del cliente e guardarci. Cosa vediamo? Probabilmente un persona (noi) tesa ad ascoltare in modo “attivo” il cliente e con un atteggiamento pacato. Il nostro mantenere la calma non è quindi una semplice sfumatura caratteriale ma diventa comportamento puntuale per risolvere la situazione.
Di certo se noi non siamo autoconsapevoli del nostro ruolo e delle nostre emozioni come possiamo però pensare di rapportarci in modo corretto con un cliente? Per accompagnare il cliente in un percorso esperienziale di acquisto nella migliore condizione psicologica possibile dobbiamo prima stare bene con noi stessi.
E qui subentrano tutta una serie di dinamiche, che esulano anche dal mondo del lavoro, che bisogna riconoscere per gestirle al meglio.
Questo delicato tema l’ho trattato nel paragrafo mio libro "Quanto Basta”. Riporto di seguito un breve estratto:
"L’intelligenza emotiva, così ben teorizzata da Goleman, si affianca al quoziente intellettivo: accanto al Q.I. arriva il Q.E.; accanto all’intelligenza verticale di stampo Aristotelico ne arriva una nuova, definibile laterale, grazie ai suoi cambi di prospettiva, che ci consente, attraverso le doti emotive, di riflettere la capacità di mettere le emozioni al servizio del nostro equilibrio psicologico, con positive ricadute nelle nostre capacità relazionali. Infatti è insita nel Q.E. la capacità di percepire, integrare e regolare le emozioni, per facilitare il pensiero e promuovere giuste azioni. Inevitabile l’applicazione nel campo della leadership che, secondo il modello descritto da Goleman, comprende una serie di capacità e competenze che muovono l’individuo verso un obiettivo. Da qui appare logico il passaggio alla gestione efficace di un cliente perché potremmo spingerci a pensare che noi siamo i leader che portano il cliente a seguirci verso una meta condivisibile. Grazie a degli ingredienti che, se messi correttamente a punto, sono degli alleati per il raggiungimento del successo, l’intelligenza emotiva si dimostra il concetto che fa da corollario a tutto ciò precedentemente descritto nel testo. Quali sono questi ingredienti? Innanzitutto, la consapevolezza di sé, intesa come la capacità di riconoscere le proprie emozioni. Appare chiaro che non sarebbe possibile entrare in connessione con un cliente, se prima non siamo in grado di gestire questo aspetto con noi stessi”.
Se ritenete che la gestione delle emozioni è un vostro punto debole il consiglio è quello di formarsi: c’è tantissima letteratura in internet e troverete agevolmente degli spunti.
Un mio personale consiglio è quello di provare ad applicare tra le mura di casa l’autoconsapevolezza: provate a gestire le vostre emozioni utilizzando la leva dell’ascolto attivo per comprendere le problematiche altrui e relazionarvi al meglio.