#2/2023 - La necessità di mettere la persona al centro: dal cliente al dipendente.

#2/2023 - La necessità di mettere la persona al centro: dal cliente al dipendente.

Quando è nata l’esigenza di scrivere il mio primo libro - Quanto Basta - la molla definitiva scattò quando, entrato in un bar, notai l’incapacità di gestire correttamente la relazione di cliente da parte del personale addetto, nonostante il prodotto offerto fosse di ottimo livello. E così iniziai a notare quanto, in realtà, tali atteggiamenti fossero più comuni di quanto pensassi e quanto l’abitudine ad accettarli come normali da parte dei clienti fosse prassi.

Un errore.

E quindi in Quanto Basta l’attenzione maniacale al cliente viene presentata come un mindset, che viene a sua volta rappresentato in un metodo di gestione di colui che, di fatto, ci paga lo stipendio o compenso che sia.

Ma negli ultimi mesi, leggendo vari articoli sul tema dei collaboratori aziendali (uno su tutti), ho iniziato a raffigurare un interessante parallelismo, filosofico e pratico, tra i clienti e i dipendenti di un’azienda.

Infatti da oramai qualche anno, e con forte accelerazione post biennio emergenziale, molti lavoratori stanno abbandonando il loro posto di lavoro, al di là dello stipendio percepito seppur congruo. Un fenomeno molto in voga tra i Millennalis, e che inizia a fare breccia anche nei primi nati nella Generazione Z, per mancanza di benessere organizzativo.

Tenuto conto che, secondo una proiezione piuttosto attendibile dell’Harvard Business Review, nel 2029 il 72% della forza lavoro sarà rappresentata da le due generazione sopracitate viene facile pensare che se le aziende non riusciranno a trattenere i loro dipendenti, con motivazioni che vadano oltre l’aspetto economico, il rischio di una mancanza di produttività è reale ed allarmante e potrebbe mettere in crisi interi comparti aziendali.

Al pari, quindi, dei clienti e della loro necessaria fidelizzazione per avere un’impresa maggiormente sostenibile nel tempo, oggi diventa fondamentale non solo saper attrarre un dipendente sulla scia di un brand fascinoso piuttosto che su un impegno economico ma, e soprattutto, saperlo trattenere sulla base di un percorso di crescita formativo che consenta alla risorsa di sentirsi parte integrante ed attiva di un progetto. Non a caso tanto i Millennails che la Generazione Z amano l’engagement, ossia l’esser coinvolti in qualcosa che stimoli il loro senso di appartenenza (ascolta questo passaggio della mia intervista a Matteo Sinigaglia, DG di Fòrema, tema trattato all'evento Postal Market (foto) organizzato dal Ceo Alessio Badia alla Tipoteca di Cornuda - TV). 

Considerato che lo scenario attuale e futuro comprende anche elementi imprescindibili quali il rispetto da parte dei player del mercato degli ESG (Enviromental, Social, Governance) inseriti nell’agenda 2030non si fatica a comprendere quanto una chiave di risoluzione di tale problematica possa essere rappresentata da uno strumento noto ma non compreso a fondo: il Welfare aziendale.

Un Welfare, però, visionario ed innovativo, che vada oltre la semplice scelta di un sistema premiante o di un provider di servizi e sappia parlare al cuore dei dipendenti. 

E, di conseguenza, la capacità comunicativa interna alle aziende sta assumendo la medesima importanza della comunicazione esterna. Questo porterà le proprietà aziendali e le Direzioni Generali a ricercare figure professionali che possiedano atteggiamenti valoriali sempre più posizionati sulla centralità della persona e sulla consapevolezza del sé, oltreché le ovvie competenze gestionali.

Un tema su cui riflettere con la giusta attenzione.

VZ

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