L’innovazione e la relazione di clientela - Parte I

L’innovazione e la relazione di clientela - Parte I

Perché parlare di innovazione?

Cosa ha a che fare questo concetto, tanto altisonante, con la creazione della relazione di clientela?

Certamente è attinente e altrettanto importante, ma, prima di scoprire le carte, vediamo cosa intendiamo per innovazione, in questo contesto.
Scomodando Seneca (4 a.C.-65), nel De vita beata, il VII libro del filosofo e politico romano, egli sostiene che «Sono proprio le strade più frequentate e più conosciute a trarre maggiormente in inganno. Da nulla, quindi, bisogna guardarsi meglio che dal seguire, come fanno le pecore, il gregge che ci cammina davanti, dirigendoci non dove si deve andare, ma dove tutti vanno». E ci sollecita a cercare ciò che è meglio fare, rispetto a ciò che è più scontato.

Il tema dell’innovazione è diventato, via via nel tempo, una questione dirompente e pervasiva, superando i confini dello spazio tecnologico, suo habitat naturale, fino all’arena politica odierna, che tanti termini usa a sproposito, fino a far spesso “odiare” alcune parole che, invece, sono ricche di significato. Quindi, il termine innovazione è stato spesso utilizzato come uno slogan vuoto, fino a diventare una vera e propria moda. Ma noi dobbiamo essere bravi a discernere i concetti e a non porci dei limiti di utilizzo delle parole, con relativa messa in pratica, perché, diversamente, sprecheremmo un’occasione, magari di sviluppo.

Chiediamoci, dunque, cosa è l’innovazione?

È un meccanismo eccezionale, una forza in grado di esercitare un richiamo, sia estetico sia pragmatico, che scatena lo spirito creativo e apre la mente a possibilità fino a quel momento sconosciute, rendendosi protagonista del processo in ambiti essenziali. Per ambiti essenziali intendiamo tutti quelli che, per la vita dell’essere umano, sono incisivi, come ad esempio le scoperte in campo medico e tecnologico.

Ma, adeguando il significato si può sostenere che l’innovazione è la consapevolezza che tutto cambia in continuazione. Essere persone innovative è saper condurre il cambiamento, utilizzando al meglio le conoscenze; non a caso è del 1959 la definizione di Knowledge worker, coniata dall’economista Peter Drucker e relativa a coloro la cui produttività sarà caratterizzata dall’importanza attribuita all’informazione e alla comunicazione.

Per essere più incisivi è necessario, ora, identificare al meglio i confini dell’innovazione. Si tende, infatti, a confondere tale concetto con quello di creatività. Attenzione: la creatività genera le idee, l’innovazione le trasforma attraverso la selezione, il miglioramento e l’implementazione.

La creatività, quindi, è ingrediente fondamentale per innovare ed è l’ambiente in cui i processi innovativi possono svilupparsi più facilmente; rappresenta quindi il contesto in cui l’innovazione si può sviluppare. Non bisogna, però, confondere l’elemento creativo con l’elemento innovativo, in quanto si tratta di due momenti distinti.

E oggi? Come possiamo pensare di innovare senza sentirci liberi, volando oltre pregiudizi e schemi?

Non a caso, un grande critico dei moderni metodi di istruzione fu Einstein, il quale disapprovava aspramente il fatto di aver soffocato la curiosità della ricerca, esaltando l’immaginazione rispetto alla conoscenza, in quanto quest’ultima ritenuta giustamente limitata; il nostro cervello è comunque un magazzino che ha un limite di contenimento. E allora ecco che le aziende più innovative, anche da un punto di vista logistico e architettonico, ideano e costruiscono i propri spazi d’ufficio in modo che si possa esaltare l’elemento socialità nel quotidiano. Ricordiamoci che le migliori idee in azienda potrebbero averle tutti: dal capo all’ultimo dei tirocinanti.

Questo anche perché, per quanto possa renderci orgogliosi aver avuto un’idea innovativa, essa pesa sul processo globale appena il 5%, il restante 95% è puro metodo ed esecuzione.

Segue - II parte giovedì 26 maggio

 

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