#6/2023 Cosa è la sostenibilità strategica - Parte II

#6/2023 Cosa è la sostenibilità strategica - Parte II

Segue - I parte - giovedì 19 ottobre

Come si affronta un problema culturale in azienda?

Sappiamo che ogni azienda ha la propria cultura d’impresa e che, oggi, possiamo renderci conto che ha iniziato il percorso di sostenibilità strategica se, accanto alle ormai note e sdoganate visione e missione dichiara il purpose, ossia lo scopo, il perché fa ciò che fa. Quali sono le motivazioni “alte” che la spingono in una certa direzione? 

E qui entriamo dalla porta principale per parlare dei tre criteri che sostengono l’intero processo, gli ESG.

Environmental, Social, Governance sono le tre dimensioni con le quali tutti gli attori economici, al di là della grandezza, dovranno interagire da qui in avanti. Curioso come la nomenclatura europea abbia inserito la G di Governance al terzo posto quando, parere mio, è la cosa più importante da attuare in quanto preordinata dal punto di vista temporale. Va infatti da se che senza una governance aziendale visionaria, innovativa, unita e focalizzata verso un obiettivo chiaro e dichiarato non potremmo mai avere una reale sostenibilità, come d’altronde non potremmo mai avere un’azienda virtuosa.

Ecco, quindi, dove i concetti di sostenibilità strategica e produttività aziendale confluiscono e si toccano, sfumando i loro confini e diventando un tutt’uno. Ecco dove perde forza la vecchia concezione di sostenibilità legata unicamente all’ambiente. E, certamente, è necessario indagare su un purpose, pensarlo, dichiararlo e valorizzarlo fino a produrre quel Codice Etico che definisca il Codice Comportamentale per tutti: proprietà, management, dipendenti, collaboratori. 

Appare ora più chiaro l’impronta della G di Governance aziendale che grazie al purpose inizia a creare valore non esclusivamente per i propri clienti, come logico che sia in un’ottica di profitto e fidelizzazione, ma anche per tutti quegli stakeholder, ossia i portatori d’interessi verso l’azienda, che fino ad oggi erano confinati a meri attori con un’importanza esclusivamente legata al business tout court.

E chi sono questi stakeholder?

Oltre i già citati clienti, vanno considerati tali i dipendenti, i fornitori di prodotti e servizi, le banche e tutti gli Enti Pubblici che ruotano attorno all'impresa che andranno quindi valutati in modo più ampio e onnicomprensivo, tenendo conto che oltre agli stakeholder diretti ce ne sono altri indiretti (i cosiddetti stakeholder degli stakeholder) e che tutti insieme costituiscono un sistema integrato che incide su una filiera produttiva molto più ampia rispetto al passato e che contribuisce a creare valore.

Ed ecco dove un altro elemento degli ESG, ossia la S di Social, entra in gioco.

Una S che incide nel rapporto proprietà/management - dipendenti coinvolgendoli nei processi aziendali in modo determinante e mostrando attenzione al benessere ed alla sicurezza degli stessi intensa non solo da un punto di vista fisico ma, forse soprattutto, da un punto di vista psicologico nella considerazione anche dell'evoluzione delle generazioni.

E qui il tema si espande verso tutta la comunità che circonda l’azienda e verso la quale la stessa impresa ha degli obblighi, a volte di natura filosofica e a volte più pratici, su cui possono basarsi delle grandi opportunità di coinvolgimento. Le logiche sono le ricadute positive nell’ecosistema aziendale con vantaggi in termini economici e di struttura, nel medio termine, e di comunicazione di immagine sostanziale che solo un processo di sostenibilità ben fatto e rispettoso dei valori aziendali può produrre.

Tutte queste attività poi aprono le porte alla E di Environmental: l’ambiente.

Ecco dove il tema green diventa chiave per la sostenibilità in quanto la crescita culturale e comportamentale di coloro che costituiscono la popolazione aziendale, o che ruotano attorno all’universo allargato, li avvicina naturalmente a politiche ambientali fattive e di sostegno al pianeta nonché, più semplicemente, a comportamenti quotidiani virtuosi e rispettosi dell’ambiente.

Il fatto che su questo tema ci sia ancora la diffusa confusione sostenibilità = ambiente in realtà ha una sua logica: in fin dei conti tutto è nato da quel già citato Rapporto Brundtland del 1987 e quello che oggi viene definito come Bilancio di Sostenibilità negli anni ’80 era conosciuto, quantomeno nella filosofia, come Bilancio Ambientale, divenuto poi Bilancio Sociale quando la Corporate Social Responsibility è entrata nelle pratiche aziendali.

Se inoltre pensiamo che, nel giro di pochi anni - orizzonte 2028 - il Bilancio di Sostenibilità sarà obbligatorio per le aziende d’ogni genere e grado, andandosi ad affiancare al Bilancio di Esercizio, appare chiaro come l’importanza di percorrere il processo di sostenibilità strategica in modo serio, puntale e senza indugio e utilizzando i criteri ESG, collegandoli poi agli SDGs, sia fondamentale. Diversamente le imprese correranno il concreto rischio di affidare il processo di rispetto della compliance normativa a dei tecnici, come legali e contabili, che per quanto siano a conoscenza in modo verticale degli aspetti e siano in grado di redigere documenti, sono spesso carenti di quella visone olistica e interdisciplinare di cui invece necessita una strategia aziendale.

Questo passaggio fa comprendere quanto sia elevato il rischio che corrono le aziende di fare quel greenwashing inconsapevole che tanto potrebbe creare problemi in modo diffuso e pericoloso alla reputazione aziendale e al business.

Segue - III parte - giovedì 2 novembre

Foto in alto: locandina del webinar tenuto lo scorso 5 ottobre in collaborazione con Ithum e Forini Spa sulla sostenibilità, gli ESG e la Cyber Security. Per ascoltare il mio intervento clicca qui 

 

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